“ Equità vò cercando , ch’è sì cara
a chi per altri paga e pur lavora …»
In ogni paese ad economia di mercato si pone il problema della partecipazione dei cittadini al processo produttivo della ricchezza , onde consentire almeno alla maggior parte di essi , mediante il conseguimento di un reddito , una vita di qualità tale da non indurli a mettere a repentaglio la pace sociale .
Alla produzione di alcuni servizi , che per loro peculiarità mal si prestano ad essere prodotti dai privati (Difesa , Giustizia , Scuola , Sanità ...) , viene delegato lo stato che , per poterne sostenere l’onere, preleva anch’esso la sua quota di ricchezza prodotta dalla collettività a mezzo dell’ imposizione fiscale.
Lo stato può scegliere di prelevare la sua quota di ricchezza o nel momento in cui la stessa si forma (es. IRPEG , IRPEF) o nel momento in cui la si consuma (es. I.V.A. ).Imposizione fiscale sui redditi nel primo caso , sui consumi nel secondo caso .
Prelevando la ricchezza nella fase della sua formazione , lo stato mette in difficoltà l’apparato produttivo , perché ne riduce la capacità di autofinanziarsi , quindi di espandersi e produrre ulteriore ricchezza ed occupazione . Con risultati a volte addirittura disastrosi per l’ economia e per la società tutta .
Conseguenza inevitabile di tale scelta è anche che chi riesce a nascondere il reddito conseguito non solo non paga le relative imposte, ma accede anche, indebitamente, alla fruizione di tutti quegli ammortizzatori sociali previsti per i cittadini meno abbienti, facendo così gravare anche questo costo su chi già paga regolarmente i tributi dovuti. E per molte categorie di cittadini, come tutti ben sappiamo, ciò è assolutamente possibile. La storia del nostro fisco , dall’ ormai lontano 1973 , insegna .
Lo stato potrebbe , invece , prelevare la sua quota di ricchezza nel momento in cui la stessa viene consumata, cioè nel momento in cui il cittadino acquista i beni di consumo che, in quantità ed in qualità, gli sono consentiti dalla propria disponibilità economica .E se l’imposta sui consumi gravasse sul prezzo d’acquisto in modo progressivo , mano a mano che la qualità dei beni si sposta dal necessario verso il voluttuario , ciascun cittadino contribuirebbe alla spesa pubblica in base alla propria capacità contributiva , proprio come la Costituzione ( art. 53 ) ed il senso comune dell’equità indicherebbero .
Sarebbe inoltre rispettata anche la prescrizione (sempre all ‘art. 53 ) per cui alla spesa pubblica dovrebbero partecipare tutti i cittadini , soltanto le persone fisiche cioè , perché di altri soggetti , nella nostra Costituzione , non è fatto cenno .
Molto facilitata risulterebbe , inoltre , l’azione di controllo , perché sarebbe sufficiente fosse concentrata nei confronti delle aziende di vendita al dettaglio , per accertare che le stesse versassero allo stato quanto per suo conto riscosso . Non sarebbe più necessario che una moltitudine di cittadini effettuasse la dichiarazione dei redditi , per la maggior parte non veritiere e comunque non controllabili , sia per il loro numero sia perché in troppi casi i fatti economici che dovrebbero rappresentare sono molto difficilmente ricostruibili . Soltanto i redditi da lavoro dipendente non sono occultabili , se non con la complicità del datore di lavoro . Ed anche questo talvolta accade .
Per un’ imposizione fiscale equa non resterebbe che integrare le imposte sui consumi con un‘ imposta patrimoniale gravante sui beni iscritti nei pubblici registri , perciò non occultabili , non destinati ad attività produttive perché tenuti dal proprietario a propria disposizione. Ed anch’essa dovrebbe essere rispettosa del principio di progressività già menzionato .
Quindi : Difesa della ricchezza nella fase di formazione e difesa del risparmio , senza di che non è conseguibile l’espansione dell’economia .
Equa distribuzione della ricchezza prodotta mediante la partecipazione di tutti i cittadini al processo produttivo , conseguibile anche stimolando e sostenendo la produzione di tutti quei servizi sociali e relazionali che vanno dimostrandosi sempre più indispensabili per garantire a tutti una vita dignitosa .
Ed anche perseguimento dell’equità fiscale a mezzo di un sistema impositivo che colpisca i cittadini nella fase di godimento dei beni iscritti nei pubblici registri e dell’acquisto dei beni di consumo , perché è soltanto in questi momenti che la capacità contributiva del cittadino si appalesa ed è accertabile.
Questi sono obiettivi , certamente fra i più importanti , che uno Stato moderno dovrebbe darsi per poter essere veramente considerato da tutti “ Res Publica “ , la “ Cosa Comune “ cioè , e come tale essere rispettato e servito da tutti , anche in armi .
Quadratura del cerchio ? Certamente impossibile, finché ci saranno coloro che, approfittando dell’attuale stato di cose, continueranno a sentirsi furbi e soddisfatti . Ed a volte ci si sente soddisfatti perché ci si sente furbi . Più del nostro vicino , almeno .
Franco Marcuccetti
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